martedì 19 giugno 2007

L'elettroforo di Volta, a.k.a. l'elettroforo perpetuo

Ha quasi un nome magico questo strumento inventato da Alessandro Volta nel 1775. Richiama un po' ai miti e ai sogni di alcuni scienziati, come il moto perpetuo.
In realtà, di perpetuo c'era poco. L'elettroforo, strumento nato per produrre cariche elettriche, se conservato in buon condizioni avrebbe potuto svolgere la sua funzione per qualche mese senza mai essere caricato.

Ma andiamo a vedere meglio cos'è.

È il primo esempio di macchina elettrostatica in cui la separazione delle cariche positive e negative avviene per induzione, ovvero quando le cariche elettriche libere di un conduttore immerso in un campo cambiano disposizione.

In che modo vengono separate le cariche?

Si carica negativamente il disco di ebanite viene strofinandolo con un panno di lana. Accostando lo scudo metallico, di cui si collega la faccia lontana a terra (anche toccandolo con un dito), si ottiene una carica indotta positiva capace di produrre una scintilla.

È formato da uno strato di contenuta in un piatto metallico, e da un disco metallico dotato di manico isolante (scudo). Lo strato di resina veniva caricato negativamente per strofinio (lo si può fare con un panno di lana); si poneva poi lo scudo a contatto con lo strato di resina.

Per induzione lo scudo si carica di segno positivo sulla faccia guardante la resina e di segno negativo sulla faccia superiore. Toccando con un dito la faccia superiore, le cariche negative si scaricano a terra e scocca una scintilla. Lo scudo rimane così carico positivamente.

Se si solleva lo scudo e si scarica l'elettricità positiva, si può disporre di nuovo lo scudo sullo strato di resina e ripetere le operazioni precedenti senza che la resina debba essere rielettrizzata (in luogo asciutto, lo strato di resina protetta dallo scudo poteva rimanere infatti carica per mesi). Fu per tale motivo che Volta chiamò l’invenzione elettroforo perpetuo.

Sul sito del dipartimento di fisica, alla pagina dedicata all'elettroforo, potrete vedere dei video esplicativi sul funzionamento, la descrizione e la spiegazione.

Il tavolo di lavoro e lo scrittoio di Volta


Quello che vedete è il tavolo di lavoro di Alessandro Volta su cui sono esposte le sue invenzioni personali, come l'elettroforo, la pistola elettrico-flogopneumatica, gli eudiometri, il condensatore, l'elettroscopio condensatore, l'elettrometo a pagliuzze e le pile (dati dal depliant del museo della storia). Quello era il tavolo del suo laboratorio, vicino al quale si trovano anche il suo scrittoio e la sua poltrona personale.
(la foto sotto è presa da flickr, utente amaranta85).Ora è estremamente ordinato, ma non è difficile immaginarlo pieno di carte, appunti, libri e quant'altro potesse essere utile alla riflessione del professor Volta. (nelle immagini ai lati, alcuni manoscritti di Volta pubblicati sul sito del dipartimento di Fisica, ma conservati presso l'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere di Milano)

Chissà che impressione avevano i suoi studenti di lui?
Magari alcuni lo consideravano un dio, altri uno scienziato pazzo, altri uno stregone...e loro ne erano gli apprendisti.

domenica 17 giugno 2007

Curiosità: le pile di Volta e l'incendio del 1899

Come accennavo nel post precedente, le pile di Volta esposte al gabinetto nel museo non sono quelle originali.

I manufatti veri, quelli realizzati da Alessandro Volta, sono andati distrutti in un incendio a Como nel 1899, proprio in occasione dell' Esposizione per il centenario della pila, ironia della sorte. Si trattava di un'esposizione importante che riuniva i principali industriali italiani e del mondo, nonché le recenti invenzioni in presenza dei più importanti nomi della scienza dell'epoca. Ad inaugurare l'evento presenziò addirittura re Umberto I.

Sabato 8 luglio, cinquanta giorni dopo l’inaugurazione, "la Fata Bianca" (come era chiamata l'Esposizione) venne completamente divorata da un violento ed improvviso incendio, probabilmente causato da un corto circuito. In 45 minuti era ridotta ad un enorme ammasso di macerie fumanti. L'incendio scoppiò alle 9.45 ed alle ore 10.30 tutto era cenere, calcinacci e ferro annerito e contorto. Alle undici il vasto incendio era quasi spento.

Quel poco che era rimasto fu raccolto in una sala del Museo Civico "Paolo
Giovio" e, sotto la guida di collaboratori e consulenti esperti in materia, si giunse a comporre la serie distrutta degli strumenti da affiancare a quelli originali e ai ricordi personali di Alessandro Volta, mentre in un chiosco della nuova Esposizione vennero messe in mostra le fotografie, le copie dei cimeli e altri avanzi recuperati dall'incendio.

Successivamente, i cimeli "sopravvissuti" e le ricostruzioni furono collocate nel Tempio Voltiano, inaugurato nel 1928.

venerdì 15 giugno 2007

La pila voltaica

Poco più di due secoli fa Alessandro Volta inventava la pila, apportando una grande innovazione in ambito di energia.
Un'invenzione tanto importante che, quasi da subito, trova spazio sulle pubblicazioni e le enciclopedie di tutte il mondo, come lo testimonia questa pagine di un'enciclopedia inglese dei primi dell' 800.

All’epoca aveva 54 anni, deteneva la cattedra di Fisica Sperimentale nel nostro ateneo e dirigeva il famoso gabinetto di Fisica (vedi il post precedente). Inoltre era uno dei fisici più famosi d’Europa: pensate quale onore per l'Ateneo Ticinense.

Ma come funziona la pila? Vediamo questo video in spagnolo, tratto da un documentario. Altrimenti, per più dettagli in italiano sul funzionamento, la descrizione e spiegazioni, visitate questa pagina dal sito del Dipartimento di Fisica dell'Università di Pavia, intitolato appunto al nostro eroe.

Qui potrete invece trovare le istruzioni per emulare il vostro idolo e costruire la vostra personalissima pila voltiana.Il necessario? Cose che potreste trovare abbastanza facilmente:
  • Un piano di legno posto verticalmente su una base circolare;
  • Dischetti o dei foglietti di rame e zinco;
  • Un panno imbevuto di una soluzione acida formata da acqua e acido solforico;
  • Due fili di rame;
  • Una rana morta.

Sovrapponete i dischetti di rame e zinco mettendo tra di loro i pezzetti di panno imbevuto della soluzione e disponete la colonna sul piano di legno. Collegate il primo e l'ultimo dischetto della colonna con due fili di rame, si creerà così un potenziale elettrico che produce corrente elettrica (il passaggio di elettroni dovuto alla differenza tra le cariche dei due poli).A cosa serve la rana morta?


Non fatevi vedere o sentire dagli animalisti: se volete emulare Alessandro Volta in tutto e per tutto dovreste testare lo scorrimento della corrente causando delle contrazioni sulla rana morta.

ATTENZIONE: Se la rana torna in vita per l'elettroshock, gli animalisti ve ne saranno grati.

Il gabinetto di Volta

Continuando la nostra passeggiata nei cortili dell'ateneo possiamo incappare davanti al Museo per la storia dell'Università. (guardate la visita virtuale).

Anche qui, il nostro eroe ha lasciato una traccia.
Qui troviamo infatti il suo "gabinetto"...

Non lasciatevi ingannare dal fortuito accostamento di parole, non è nulla scabroso.
Ricordo infatti che 'gabinetto' significa, secondo il De Mauro:
-piccola stanza adibita a uso personale, spec. destinata al ricevimento privato e a colloqui riservati: il g. del primo ministro;
-locale, studio in cui un professionista, spec. un medico, svolge la sua attività: g. dentistico, g. pediatrico;
-in un museo, sala in cui sono raccolte collezioni particolari.

Questo ci aiuta meglio a capire di cosa si tratta. Il gabinetto di fisica di Alessandro Volta è il suo ufficio, il suo studio, l'aula in cui studiava, rifletteva, sperimentava. Almeno, lo era. Quella visibile oggigiorno al Museo è una riproduzione inaugurata per le celebrazioni per il bicentenario dell’invenzione della pila (1999) e momentaneamente chiuso per lavori.

Il Gabinetto ha una ricca collezione di strumenti originali di Alessandro Volta, come quelli che utilizzò per studiare le cariche elettriche e dei corpi elettrizzati: elettrofori, elettroscopi a pagliuzze ed elettroscopi condensatori, elettrometri, scaricatori, quadri di Franklin e conduttori di varie forme.

Ma la sua invenzione più importante la vedrete solo nel prossimo post...

giovedì 14 giugno 2007

Momento amarcord


Vi ricordate quand'eravate piccoli e la nonna sganciava un regalino? "Ti ci compri un gelato", diceva quando cercavate di rifiutare sotto la pressione dei genitori.


Diecimila lire, quanti gelati? Quattro o cinque...

Grazie alle nonne!
(nella seconda facciata delle 10 mila lire c'è raffigurato il Tempio Voltiano, che si trova in provincia di Como. Per maggiori informazioni segui il link)

Le tracce di volta

Basta aggirarsi per la sede centrale per notare come Alessandro Volta abbia lasciato della tracce ben visibili...


Innanzitutto, una volta passato il portone principale, si potrà vedere sulla sinistra, una statua al centro di un cortile. Quello è il punto in cui i neo-laureati si mettono in posa per le foto di rito sotto lo sguardo vigile di Volta, alla ricerca di una protezione spirituale.
Beati loro, hanno già tagliato il traguardo...


Da questo punto possiamo anche scorgere le indicazioni che ci condurranno all' Aula volta, una delle aule più belle dell' Università.






Saliamo le scale e finalmente arriviamo davanti all' Aula Volta.
Sopra l'ingresso però possiamo notare un'iscrizione.

theatrum physicis rebys tradendis
ab Imp. Caesare Josepho II Augusto in usum
Alexandro Voltae

instructimiv id. nov. a. mcmxlv
ducentesimo tanti viri die natali recurrente
universitas studiorum ticinensis
restaurandum curavit
huic aedi nomen voltae sit numinis instar

Peccato, l'aula è chiusa e non possiamo continuare la visita.
Tuttavia il nostro giro non finisce qui...